La Luna, che presto vedrà arrivare altre nazioni con ambizioni spaziali, è vicinissima. Già con le tecnologie degli anni '60 e '70 il viaggio per raggiungere il satellite terrestre durò appena tre giorni. Ma la prossima grande destinazione delle missioni spaziali con equipaggio è Marte. Un veicolo spaziale impiega nove mesi per raggiungere Marte: questo vorrebbe dire un anno e mezzo di viaggio solo per andare e tornare. In questo arco di tempo, l’equipaggio sarebbe esposto all’assenza di gravità e agli alti livelli di radiazioni presenti nello spazio. Gli effetti di queste condizioni a lungo termine non sono stati ancora studiati a pieno da nessuno.
«Dalla Terra, l’impatto dell’assenza di gravità e l’esposizione alle radiazioni cosmiche possono essere studiati solo in parte», spiega Aqeel Shamsul, supervisore del progetto BAMMsat presso l’Università di Cranfield in Inghilterra. «Gli esperimenti nello spazio presentano particolari sfide e richiedono costi elevati per il trasporto dei razzi. Questo a sua volta restringe le possibilità di ricerca sui sistemi biologici in condizioni spaziali».
Il segmento aerospaziale low-cost
Qualche anno fa, il suo gruppo di lavoro universitario si prefissò l’obiettivo di trovare una soluzione pratica ed economica a questo dilemma. L’idea era quella di sviluppare un laboratorio automatizzato in miniatura in grado di condurre autonomamente tutta una serie di esperimenti su colture micro-biologiche e organismi superiori semplici. Le dimensioni erano predefinite: il prototipo doveva entrare in un «CubeSat» di tipo 3U.
I CubeSat (o satelliti cuboidi) vengono impiegati dal 2004. Si tratta di moduli standardizzati di forma cubica per satelliti miniaturizzati con basso peso di lancio e pertanto con costi di lancio ridotti. Essi hanno segnato l’inizio di quello che potremmo definire il segmento aerospaziale low-cost. Il CubeSat dalle dimensioni più piccole è quello di tipo 1U (ossia con una singola unità). Quest’ultimo misura circa 11×10×10 centimetri e non supera 1,33 chilogrammi di peso. Un CubeSat 3U misura 34x10x10 centimetri e pesa quattro chili. È possibile lanciare congiuntamente su un unico razzo più CubeSat, ma anche satelliti di diverse dimensioni. Questo permette di ripartire i costi di trasporto.
Il soggetto dello studio: il nematoda
Il mini-laboratorio del team di BAMMsat entra nell’alloggiamento di un 3U, che ha più o meno le stesse dimensioni di una scatola di scarpe per un paio di ballerine. Gli esperimenti vengono condotti su specimen di Caenorhabditis elegans. Si tratta un nematoda che misura appena un millimetro di lunghezza e generalmente vive sotto terra in zone dal clima temperato. L’83% dei suoi geni sono simili a quelli del genere umano, motivo per cui viene spesso usato sulla Terra per condurre degli studi in campi come quelli della gerontologia, della fisiologia muscolare e della radiobiologia. Nello spazio, le cellule degli C. elegans reagiscono all’assenza di gravità e all’esposizione alle radiazioni in maniera analoga a quella delle cellule umane.
Un elemento chiave di questo laboratorio spaziale in miniatura è un disco rotondo con diverse camere che contengono gli specimen biologici. Le camere presentano aperture di ingresso e di uscita che consentono di introdurre o togliere minime quantità di fluidi. Questo consente di fornire cibo ai nematodi e di rimuovere i loro escrementi. Inoltre, questo permette di somministrargli sostanze farmaceutiche per studiare il loro effetto in condizioni spaziali.
Ruotando il disco è possibile far spostare le camere per posizionarle davanti alla lente di un microscopio. Uno spettrometro è in grado di determinare le proprietà biologiche del materiale all’interno della camera, come la proporzione delle proteine. Questo consente di condurre tanti esperimenti diversi sullo stesso sistema: una novità per tali strumenti. Al posto dei nematodi, le camere potrebbero ospitare, ad esempio, anche delle colture biologiche. I dati ricavati dagli esperimenti vengono raccolti dal computer di bordo per poi essere inviati verso la Terra.
La coppia del disco rotante
«Uno degli aspetti più importanti di questo progetto è stato quello del contenimento massimo del peso», spiega Aqeel Shamsul. «Questo ci ha consentito di installare il modulo in un CubeSat di tipo 3U e di assicurarci che il progetto fosse economicamente fattibile. L’azionamento del disco degli specimen ha rivestito un ruolo centrale. Non doveva essere soltanto estremamente piccolo e leggero ma doveva fornire una coppia elevata e funzionare in modo estremamente preciso durante l’intero periodo della missione con durata da diversi mesi a un anno».
Inizialmente il team di BAMMsat aveva previsto per questo compito l’uso di un motore passo-passo. Ma gli esperti di EMS, filiale britannica di FAULHABER, hanno suggerito un’altra soluzione proponendo il motore DC a spazzole della serie SR che, grazie al suo diametro di 22 mm, ha dimostrato di essere la soluzione ideale per i requisiti di questa applicazione. Un encoder IEH3-4096 costituisce la base di un controllo finemente regolato, mentre un riduttore planetario 20/1R 23:1 massimizza la coppia. Questo assicura che le camere degli specimen si muovano sempre nella posizione desiderata e che gli esperimenti possano essere svolti come da programma.
Il mini-laboratorio ha avuto il suo battesimo di fuoco nell’autunno dello scorso anno. Il 21 ottobre, nella Svezia settentrionale, un pallone lo ha portato nella stratosfera. Vi è rimasto per cinque ore, durante le quali tutti i sistemi di bordo hanno superato con successo i test condotti in condizioni analoghe a quelle da affrontare nello spazio. Quindi, frenato da un paracadute, il modulo CubeSat è atterrato in Finlandia senza riportare danni. Il primo lancio con un razzo è in programma per il 2024, il team BAMMsat ha intenzione di produrre ulteriori moduli per consentire di fare ricerca biologica nello spazio a costi non esorbitanti. «Sono convinto che la nostra tecnologia possa dare un fortissimo contributo all’ulteriore sviluppo delle missioni spaziali con equipaggio», afferma Aqeel Shamsul. «A prescindere da questo, il nostro mini-laboratorio schiude possibilità del tutto nuove e soprattutto economicamente finanziabili per condurre un’ampia serie di esperimenti biochimici in condizioni spaziali».