Come cercare un ago in un pagliaio “Solitamente la scoperta del tumore primitivo è piuttosto facile e possibile grazie a numerose tecni- che. Al contrario, la localizzazione di tutte le meta- stasi, molte delle quali grandi non più della testa di uno spillo, è molto difficile”, spiega il Dott. Martin Pärnaste, ingegnere capo della divisione Cyclotron Systems di GE Healthcare ad Uppsala, in Svezia. La PET aiuta ad individuare queste metastasi. Questo può essere di fondamentale importanza per definire le terapie successive. Proprio come i raggi X e la tomografia compute- rizzata (TC), anche la PET genera le immagini grazie a una minima dose di radiazione radioattiva. Tutta- via, in questo caso, la radiazione non viene emes- sa da un dispositivo che la indirizza verso il corpo dall'ester no, bensì proviene da particelle radioattive pre cedentemente somministrate al paziente. Esse vengono general mente mischiate con del glucosio per formare un cosiddetto radiofarmaco o “tracer” e quindi iniettate per via endovenosa. Breve emivita L'agente diagnostico per la PET presenta sostan- ze debolmente radioattive e relativamente innocue. Esse si decompongono rapidamente senza lasciare residui critici. In circa il 90% dei casi viene impiega- to l'isotopo 18F dell’alogeno fluoro. Questo isotopo ha un'emivita breve della durata di circa 110 minuti, pertanto dopo un giorno ha perso quasi tutta la sua radioattività. Vengono usati anche altri isotopi con un'emivita analogamente breve. Dato che i radiofarmaci per PET si decompongono così velocemente, essi non possono essere conservati come si fa per altri materiali, ma devono essere pro- dotti ad hoc in un acceleratore di particelle, il ciclotro- ne, poco prima di essere usati. Quest'ultimo non deve trovarsi troppo lontano dal luogo di impiego dato che anche durante il trasporto ogni minuto conta. La corsa delle particelle su una traiettoria a spirale La creazione dei primi ciclotroni risale agli anni trenta da parte dei pionieri della fisica delle parti- celle. Da allora, il loro principio di funzionamento ha subito numerose modifiche ed evoluzioni, fino ad arrivare al più grande acceleratore di particelle, quello del CERN di Ginevra. Ad ogni modo, questa tec nica si è rivelata vincente anche nelle tecnologie bio mediche. Per produrre gli isotopi per la PET, gli ioni di idrogeno a carica negativa vengono accelera- ti in una camera a vuoto che si trova all'interno del ciclotrone. Essi vengono accelerati da campi elettrici e quindi mantenuti su una traiettoria a spirale grazie ad un forte campo magnetico. Alla fine della traiettoria passano attraverso una sottile lamina di grafite perdendo i propri elettroni e diventando così protoni dalla carica positiva. Questa inversione di carica comporta anche il passaggio della loro traiettoria da un moto a spirale ad una linea retta. L'orientamento della lamina determina la dire- zione del fascio di protoni. Esso è diretto verso una camera di reazione, il cosiddetto bersaglio (target), al cui interno si trova la fonte primaria per gli isotopi. Qui il fascio di protoni scatena una reazione nucleare e genera, dal materiale bersaglio, gli isotopi richiesti. Alcuni anni fa al Dott. Pärnaste e al suo team fu assegnato il compito di migliorare ulteriormente la reazione e di sviluppare una macchina che fosse quanto più piccola ed economica possibile. Essa dove- va contribuire a facilitare l'accesso clinico agli isotopi PET e ad agevolare ancora di più la diffusione di que- sta tecnologia di diagnostica per immagini. Il risultato di questa evoluzione ha preso il nome di GENtrace ed è stato lanciato sul mercato nel 2017 riscontrando un grande successo. Una tecnologia di azionamento senza magneti Al fine di ottenere la quantità più grande possibile di isotopi o isotopi da diversi elementi in un unico passaggio, il nuovo ciclotrone ha tre bersagli. Pertan- to, l'orientamento del fascio deve essere variabile in modo da poterli colpire tutti e tre. Per raggiungere questo obiettivo, il supporto su cui è fissata la lamina di grafite viene mosso per mezzo di un motore. Tuttavia, all'interno di un ciclotrone sussistono del- le condizioni, alle quali i motori elettrici tradizionali difficilmente riescono a far fronte: i campi magnetici, il vuoto, i campi elettrici e le radiazioni interferisco- no con il loro funzionamento o lo rendono del tut- to impossibile. Ecco perché il motore che determina l'orientamento del fascio normalmente si trova al di fuori del ciclotrone stesso. Il movimento viene poi trasmesso al supporto della lamina attraverso una complessa struttura meccanica. Questo comporta notevoli svantaggi, tra cui il gioco meccanico e l'im- pegnativa sigillatura ermetica necessaria nei punti in cui le parti mobili passano attraverso la parete della camera a vuoto. Questi svantaggi scompaiono se si ricorre ad un motore piezoelettrico. Il suo principio di funzio- namento, infatti, lo rende immune alle condizioni avverse presenti nel ciclotrone. In quanto, a differen- za di un motore elettrico classico, esso non necessita né di componenti magnetici né di parti rotanti per convertire la corrente elettrica in movimento. Il suo principio operativo si basa sul fatto che la forma di un elemento in piezoceramica si modifica quando ad esso viene applicata una tensione. 12 0 1 . 2 0 1 9 S C I E N Z E M E D I C H E